Evoluzione del Concetto di Salute

Fino al 1948 il concetto di salute era semplice, facilmente comprensibile, basato su un’affermazione negativa: nell’assenza di malattie. E’ sano chi non è ammalato, chi ha malattie non è sano. La salute è assenza di malattie. Al termine della catastrofica seconda guerra mondiale esplose nel mondo un immenso desiderio di pace, di libertà, di sviluppo sereno e tranquillo tra le nazioni e tra i popoli che si concretizzò nell’istituzione delle Nazioni Unite (ONU) con le sue varie agenzie tecniche simulanti nell’insieme un supergoverno mondiale rivolto alla pace (si sostituiva alla Società delle Nazioni, istituita dopo la prima guerra mondiale per garantire la pace e per promuovere la sicurezza collettiva – 1920/ 1946). Le 5 nazioni vincitrici del conflitto (Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti + 44 Stati firmatari) si riunirono il 26 giugno 1945 a San Francisco, il 24 ottobre 1945 emanarono lo Statuto, il 10 gennaio 1946 si svolse a Londra la 1° assemblea e la sede venne stabilita a New York. L’Italia fu ammessa all’ONU nel 1955.

Questo desiderio di pace, di equità e di giustizia sociale si concretizzò anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (New York, 1948. Da quel complesso di idee e di fermenti scaturì anche un nuovo concetto di salute.Nel Preambolo della Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che è l’agenzia tecnica dell’ONU, deputata ai problemi riguardanti la salute pubblica in contatto con i Ministeri della Sanità pubblica dei vari Paesi membri dell’organizzazione, fu scritto che: la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non soltanto assenza di malattie o di infermità. Il godimento del più alto standard di salute raggiungibile è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razze, religione, credo politico, condizione economica o sociale. La salute di tutti i popoli è fondamentale per il raggiungimento della pace e sicurezza e dipende dalla più ampia cooperazione degli individui e degli Stati. L’impegno di ogni Stato nella promozione e protezione della salute è utile a tutti.Lo sviluppo diseguale tra i Paesi nella promozione della salute e controllo delle malattie trasmissibili, rappresenta un pericolo per tutti. Questa nuova concezione della salute venne sintetizzata nell’art. 1 dello Statuto dell’OMS: La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto una mera assenza di malattia o di infermità. Questa definizione ha ispirato ed ispira tutt’ora in modo coerente la linea politica dell’OMS ed ha orientato nel corso della seconda metà del XX secolo tutte le attività di questa agenzia tecnica dell’ONU: ogni deliberazione, atto o programma, ogni dichiarazione, proposta o suggerimento dell’OMS agli Stati membri (che ormai sono quasi 200) fa riferimento alla definizione contenuta nell’art. 1 dello Statuto. Ciò significa che per vari decenni il nuovo concetto venne riproposto alla discussione e tuttora esso viene pienamente confermato dal punto di vista scientifico, tecnico e politico. L’impatto della nuova concezione è stato enorme nel campo della cultura, delle scienze e delle politiche sanitarie. L’affermazione positiva della salute come benessere fisico, mentale e sociale della persona, rispetto al concetto negativo tradizionale di salute come assenza di malattia, provocò una sorta di terremoto, si può dire, nel campo della medicina che – impegnata da secoli quasi esclusivamente, salvo rare eccezioni, nello studio e nella lotta contro le malattie per diagnosticarle, per curarle, per prevenirle e per prolungare la vita ai malati – si trovò impreparata di fronte alla nuova prospettiva di tutelare e promuovere la salute. Giova notare che mentre nasceva la nuova organizzazione internazionale – l’ONU -, con le sue agenzie tecniche ispirate da simili nobili obiettivi, cui potevano aderire gli Stati che intendevano diventare membri -, in Italia, negli stessi anni post-bellici (dicembre 1947), veniva emanata la nuova Costituzione della Repubblica che, nell’art. 32, afferma: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. E’ utile notare la contemporaneità degli eventi e i loro nessi sia per quanto riguarda la nuova concezione di salute, dato che l’Italia è uno degli Stati che hanno aderito all’ONU, sia per quanto riguarda l’affermazione esplicita che la salute è un diritto umano e un interesse di tutti. La nuova concezione allarga decisamente l’area della salute umana dalla sfera del corpo a quella della mente e a quella delle relazioni sociali, sollevando motivi di crisi nella Sanità Pubblica perché estende il campo di azione alle scienze psicologiche e alle scienze sociali e successivamente anche alle scienze economiche.

Non ci furono difficoltà a riconoscere subito che una persona poteva avere una malattia del corpo ma, nello stesso tempo, poteva essere perfettamente sana di mente, oppure che una persona poteva essere malata di mente ma essere sana nel corpo. Si ammetteva che le scienze mentali erano relativamente giovani e che relativamente scarse erano le conoscenze psicologiche e psichiatriche rispetto alle scienze del corpo che avevano secoli di esperienze dietro di sé. Ma l’identificazione delle relazioni sociali, quali possibili cause di condizionamento della salute modernamente intesa, rappresentò un ulteriore turbamento culturale e strutturale nel campo della Sanità Pubblica.

Si presenta anche la necessità di dare una nuova impostazione ai servizi sanitari e socio-assistenziali . Col nuovo concetto di salute deve nascere una nuova Sanità Pubblica che, non solo si deve impegnare nella diagnosi e cura delle malattie, ma soprattutto si dovrà impegnare nella tutela e nella promozione della salute della popolazione.

Molti studi, in generale, furono stimolati dall’evoluzione del concetto di salute e fu subito constatato che il benessere fisico, mentale e sociale, cioè la salute intesa come bene-essere, era qualcosa che doveva essere “percepita” dagli stessi individui e ciò costrinse a riconsiderare il valore e l’importanza che veniva attribuita, per esempio, alle cosiddette certificazioni mediche di “sana e robusta costituzione” richiesta dalle leggi, affinché le persone potessero svolgere diverse attività professionali e di altro genere (scolastiche, impiegatizie, guida di autoveicoli, porto d’armi, ecc,).

L’approccio “percettivo” rispetto alla salute concepita come benessere dell’individuo suggerì anche un’altra visione positiva alle persone, una sorta di sollecitazione positiva a riconoscere ed accettare le responsabilità che la vita comporta. Per esempio, nel campo del lavoro industriale la soggettività della valutazione di salute determinò un cambiamento significativo dei rapporti tra i comitati rappresentativi dei lavoratori, i consigli di fabbrica e i servizi sanitari, di medicina del lavoro e le altre rappresentanze industriali nelle questioni connesse con la qualità dell’ambiente fisico e sociale del lavoro.

L’esperienza dimostrò gradualmente che si potevano considerare anche altri approcci, uno “funzionale” e uno “adattativo” al benessere come salute, condizionati rispettivamente dalla capacità di adottare comportamenti adeguati ad adempiere alle funzioni principali della vita e dalla capacità di adattamento continuo agli ambienti di lavoro e di vita, che sono assai spesso mutevoli. Qualcuno si rese conto in quegli anni, che l’uomo possiede una forte capacità di adattamento all’ambiente fisico (l’uomo può vivere al polo o all’equatore), purché questo risulti stabile o per lo meno poco variabile, e questa capacità di adattamento probabilmente esiste anche nei confronti dell’ambiente sociale, economico e politico, purché stabili.

E’ opportuno considerare che nel periodo storico coincidente e successivo a quello in cui si affermò il nuovo concetto pluridimensionale di salute (seconda metà del XX secolo) si verificò una complessa e rapida transizione epidemiologica nei vari Paesi, compresa l’Italia, rispetto alla quale il nuovo concetto di salute apparve adeguato. Le caratteristiche della transizione riguardavano non soltanto la patologia, ma anche altre importanti caratteristiche sociali e demografiche che possono essere così schematicamente indicate:” passaggio da epidemie di malattie infettive, curabili e guaribili (broncopolmoniti, enteriti, difterite, tifo, ecc.) a epidemie di malattie cronico-degenerative (neoplasie, cardiopatie, artropatie, diabete, demenze, ecc.) con aumento delle sofferenze prolungate;” invecchiamento esplosivo della popolazione che si intreccia inestricabilmente con il cambiamento anzidetto della patologia in una serie di rapporti reciproci di causa ed effetto;” cambiamenti rapidi degli stili di vita e dei comportamenti (sedentarietà, alimentazione, guida spericolata di automezzi, fumo, alcol, droghe, ecc.) con relativo aumento delle malattie comportamentali; ” rapido aumento della patologia mentale (depressioni, ansie, angosce, anoressie, bulimie, crisi di panico, ecc.) e del disagio sociale sia giovanile che degli anziani, sempre più soli, ingombranti e consapevoli del loro tramonto.

La nuova concezione multidimensionale della salute suggerì un nuovo modello alla medicina, denominato “bio-psico-sociale”, che calzava bene alle nuove realtà, ma cozzava contro altri modelli medici tradizionali.

Dopo la prima Conferenza mondiale sulla promozione della salute, che si tenne ad Ottawa nel 1986, si cominciò a prendere in considerazione un’altra dimensione della salute, quella spirituale, che crebbe via via di importanza (La persona è un complesso inscindibile di corpo, mente e spirito, profondamente inserita in un contesto familiare, lavorativo e sociale). Negli ultimi anni sono comparse, su riviste di Medicina Interna, Medicina di Famiglia, Medicina Generale, Pediatria, Oncologia, Scienze Infermieristiche centinaia di pubblicazioni sul tema: “Spiritualità e Salute”. Questo grande interesse si è manifestato soprattutto nel mondo anglosassone e in particolare nel Nord America, dove attualmente vengono svolti corsi regolari di spiritualità in almeno 50 Scuole di Medicina per studenti, infermieri e per medici in formazione continua, essendo considerata la spiritualità un fattore importante e trascurato della salute del paziente. Dalle recenti pubblicazioni scientifiche sul tema: “spiritualità e medicina” risulta che la spiritualità viene vista per lo più come una parte complessa e multidimensionale dell’esperienza umana, avendo aspetti cognitivi, esperienziali e comportamentali. Gli aspetti cognitivi o filosofici comprendono la ricerca del senso, dello scopo, della verità della vita e comprendono le credenze e i valori secondo i quali la persona vive.

Gli aspetti esperienziali ed emozionali comprendono le sensazioni di speranza, amore, appartenenza, pace interna, conforto, sostegno. Questi aspetti si riflettono sulla qualità delle risorse interiori della persona e sulle sue relazioni con se stesso, con la famiglia, con la comunità, con l’ambiente, con la natura e il trascendente. Gli aspetti comportamentali della spiritualità comprendono i modi con cui una persona manifesta le credenze spirituali individuali e lo stato spirituale interiore. Molte persone promuovono la spiritualità attraverso la religione oppure attraverso una relazione personale con il divino, mentre molte altre possono promuoverla attraverso un rapporto con la natura, con la musica e le arti, o attraverso una serie di valori e di principi, oppure attraverso la ricerca delle verità scientifiche. Si può comprendere che nel processo di tutela e promozione della salute la spiritualità può aiutare a sopportare il dolore, a sopportare le cure, a resistere e superare malattie e difficoltà della vita, ad affrontare la morte e può aiutare anche a vivere meglio, a migliorare la condizione di benessere, che a sua volta aumenta il piacere di vivere e migliora la qualità della vita.

Qualcuno pensa che questa dimensione della salute possa rientrare ed essere collocata nell’ambito generale del concetto di benessere mentale e sociale, altri invece ritengono che il benessere spirituale è molto importante e che debba essere collocato in aggiunta e distintamente tra le componenti della salute e specificato nello Statuto dell’OMS (l’art. 1 dello Statuto non è stato finora modificato).

In questi ultimi anni il concetto di salute e la transizione epidemiologica si sono profondamente modificati e diventano sempre più complessi. Gli studi hanno dimostrato che i fattori esogeni, cioè esterni all’individuo, che influiscono sulla salute umana sono numerosissimi. Tali fattori appartengono a tutte le componenti dell’ambiente totale, cioè dell’ambiente fisico, chimico, biologico, sociale, economico e interagiscono continuamente fra di loro formando un sistema assai complesso di relazioni e di equilibri instabili difficilmente analizzabile. Un altrettanto sistema complesso di relazioni e di equilibri instabili che influiscono sulla salute dipende da fattori endogeni, cioè interni all’individuo, a loro volta dipendenti in parte da influenze genetiche e pure difficilmente controllabile. In breve tempo si è imposta la visione sistemica dei problemi di salute e di patologia, difficile da abbracciare nella sua complessità, per la quale è venuta in soccorso la teoria dei sistemi e l’ecologia umana. Quest’ultima viene vista come “una nuova disciplina scientifica, oppure come una riflessione sulla scienza e i suoi valori, oppure come un approccio multidisciplinare alle società nei loro ambienti, mediante una metodologia di studio che considera le dinamiche negli ecosistemi delle interazioni biologiche, culturali, psicologiche, mediche, sociologiche, economiche, demografiche, comportamentali e politiche che riguardano l’uomo”. Una tale visione sistemica della salute umana (o della non-salute) ha portato o meglio riportato in primo piano la necessità di adottare nei confronti dei problemi dell’uomo l’approccio “olistico”, cioè unitario e globale, mettendo in evidenza i limiti delle tendenze “atomiche o atomizzanti” della medicina contemporanea, caratterizzata, com’è noto, da “riduttivismo” (tutto si spiega partendo dalla cellula), da “frazionismo” (proprio delle specializzazioni mediche) e da “scissionismo” (il corpo da una parte e la mente da un’altra parte).

Purtroppo, la formazione del medico “curante” nelle Scuole di Medicina viene tuttora orientata prevalentemente verso l’analisi dei sistemi corporei e secondariamente ai problemi della mente dell’individuo, riservando una minore o assai scarsa attenzione alle relazioni dell’uomo con i sistemi bio-fisici, sociali, comportamentali che hanno rilevanza essenziale nell’intervento preventivo, riabilitativo e soprattutto nell’intervento per la promozione della salute.

Il modello culturale e operativo medico di cui sopra sembra in crisi di cambiamento nei vari Paesi e sarebbe auspicabile che la crisi del modello evolvesse verso la multidimensionalità, ma non sembra che ciò stia per accadere se si considera che, al contrario, va consolidandosi un ulteriore interesse riduzionistico estremo, subcellulare, verso la medicina e la biologia molecolare, a scapito della dimensione olistica/sistemica/multidimensionale/ecologica/sociale/comunitaria della medicina che viene suggerita da un lato dall’epidemiologia contemporanea e, dall’altro, dalle teorie moderne riguardanti l’approccio bio-psico-sociale dell’uomo, inserito nelle sue comunità di appartenenza: la comunità famiglia, la comunità del lavoro, del tempo libero, del quartiere, ecc…

Evidentemente gli ostacoli culturali che si oppongono alla realizzazione di una nuova Sanità Pubblica, ispirata e coerente con la visione sistemica anzidetta della salute, restano notevoli, cui si devono aggiungere gli ostacoli strutturali, economici e di mercato che si oppongono a loro volta alla necessità di riorientare i sistemi dei servizi sanitari, concepiti finora per la diagnosi e la cura di malattie e non anche per la promozione della salute umana.

La prevenzione, la diagnosi e la cura di malattie si basano, ovviamente, sulle conoscenze riguardanti la loro “patogenesi”, mentre la promozione della salute intesa come benessere fisico, mentale e sociale non può che basarsi sulle conoscenze riguardanti i fattori che generano salute, cioè la “salutogenesi”. Queste due componenti del concetto attuale di salute (quella negativa, assenza di malattia, e quella positiva, completo benessere) sono come due facce della stessa medaglia, le quali si differenziano acutamente nel momento applicativo e operativo perché impongono di adottare due diversi atteggiamenti e due diverse dinamiche: quelle “contro” le cause di malattia e quelle a “favore” o a “sostegno” delle cause di salute.

Finora le esperienze dimostrano che i servizi sanitari tradizionali “esperti nella patogenesi” continuano a operare per la prevenzione, diagnosi e cura delle malattie e altri servizi e altri operatori si interessano della promozione della salute essendo ancora forte l’avversità nei riguardi della reciproca integrazione multidisciplinare e/o interdisciplinare. I motivi culturali di resistenza sono evidenti, ma le ragioni che rendono difficile l’approccio olistico, globale, unitario ai problemi dell’individuo e della comunità sono più complesse. Comunque sia, è importante indicare qui uno dei punti critici dello sviluppo indotto dal nuovo concetto di salute e dalla transizione epidemiologica, che insieme indicano il bisogno di more care than cure, cioè più assistenza che cura, mediante servizi sanitari e sociali integrati.

Forse questi ostacoli potranno essere superati nel medio-lungo periodo di tempo.

Giancarlo Tavasanis

Presidente onorario ASSIMEFAC

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